Elezioni politiche 2013: I principali punti dei programmi elettorali dei sei candidati premier

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    Elezioni politiche 2013: I principali punti dei programmi elettorali dei sei candidati premier

    La coalizione di centrosinistra guidata da Bersani è formata dal Pd, Sel (Sinistra ecologia e libertà), formazione guidata da Nichi Vendola, i socialisti di Riccardo Nencini, Tabacci e Donadi (Centro Democratico), Portas (Moderati), Theiner (Svp),Lauretta (Megafono-Lista Crocetta). Il programma elettorale del centrosinistra parte dall’imu con un’esenzione dell’imposta sulla prima casa fino a 500 euro. La perdita di gettito conseguente verrà compensata con una patrimoniale progressiva sugli immobili dal valore catastale di almeno 1,5 milioni (3 milioni di mercato). Più tracciabilità contro evasione ed elusione fiscale. Con le risorse recuperate si potranno ridurre le tasse su lavoro e impresa. Mentre il rilancio della crescita passa dallo sviluppo sostenibile. Rafforzando la vocazione manifatturiera dell’Italia serve una politica industriale fondata su energie rinnovabili, efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie al servizio di beni culturali e made in Italy. Spazio a nuove liberalizzazioni per trasporti energia, banche e semplificazioni per le imprese. Per quanto riguarda il lavoro, sarà la parola chiave della prossima legislatura. Nel mirino le norme della riforma Fornero sulla flessibilità in entrata in modo che il lavoro stabile costi meno del lavoro precario e diventi quindi più conveniente. Più attenzione alla produttività del lavoro grazie al potenziamento degli accordi aziendali o locali. Si a nuovi sistemi di rappresentanza in azienda. Inoltre ci sarà subito una verifica sui conti pubblici dopo le ultime manovre. L’Italia manterrà gli impegni presi con l’Europa rispettando il fiscal compact e assicurando il pareggio di bilancio dal 2013 in poi. Si spingerà in ambito Ue per fare partire gli eurobond e condividere una parte del debito pubblico di ogni Paese. Si interverrà sui costi della politica con una riforma dei partiti nel primo atto di governo. La carta d’intenti del centrosinistra trascura la spending review. E anche i dossier economici che il Pd e i suoi alleati stanno mettendo a punto preferiscono parlare di processi di “riqualificazione della spesa”. Programma alla mano uno degli strumenti che verrà messo in campo per tenere sotto controllo la spesa e garantire il pareggio di bilancio nel 2013., sono i “piani industriali per ogni singola pubblica amministrazione”. Che dovranno produrre “efficienza e risparmio”. Alcuni settori (come la scuola) dopo anni di tagli vedranno aumentare le risorse loro destinate.

    Il centrodestra guidato da Silvio Berlusconi è formato dal Pdl, Lega Nord, Fratelli d’Italia, La Destra, Grande Sud, Mpa, Mir, Pensionati e Liberi da Equitalia.Il Cavaliere in campagna elettorale ha proposto l’abolizione dell’Imu sulla prima casa. Ma la riduzione della pressione fiscale generale di un punto l’anno per i prossimi cinque anni resta l’obiettivo di fondo. Nel mirino anche l’Irap da ridurre ed eliminare sempre nel giro di cinque anni. Prevista anche una riduzione del 3% l’anno delle tax expenditures. Per quanto riguarda la crescita, Berlusconi vuole invertire le politiche di austerità in Europa. E poi trovare risorse per la crescita ricorrendo in particolare a un piano shock sul debito pubblico. Sul fronte delle imprese, oltre a una forte riduzione della pressione fiscale (nel mirino soprattutto l’Irap), si punta all’abolizione dei trasferimenti e alla loro trasformazione in credito d’imposta. Inoltre ci sarà la revisione della riforma Fornero che avrebbe avuto l’effetto di irrigidire ancora di più il mercato del lavoro (con meno flessibilità in entrata e poco in uscita). Per favorire l’occupazione giovanile l’idea forte è quella di prevedere detassazione e decontribuzione totale per cinque anni delle nuove assunzioni e a tempo indeterminato. Si al pareggio di bilancio, ma in tempi possibili con parametri sostenibili e senza uccidere l’economia. In pista anche un piano shock sul debito pubblico che punta alla riduzione dello stock al 100% del Pil (oggi al 126%) entro la legislatura con dimissioni immobiliari, interventi su concessioni governative e un accordo con la Svizzera sul rientro dei capitali. Al maxi-piano sull’abbattimento del debito, il Pdl ne aggiunge uno altrettanto maxi sulla spesa pubblica da 16 miliardi l’anno. Il programma si limita a indicare la cifra senza indicare però dove recupera i risparmi. Al tempo stesso viene proposto che ogni legge di spesa debba avere una scadenza. Tra le misure di dettaglio spicca l’estensione dei costi standard ai costi del personale di Regioni ed enti pubblici. Sul versante del pubblico impiego vengono proposti incarichi solo a tempo determinato (ed eventualmente rinnovabili) per i dirigenti e la piena applicazione delle norme sulla mobilità obbligatoria nella Pa.

    Per quanto riguarda il premier uscente Monti, il rassemblement che lo sostiene è formato da una coalizione di centro sostenuta dall’Udc, sostanzialmente il partito capofila della formazione, Fli (Futuro e Libertà), il partito di Gianfranco Fini e Italia Futura, movimento fondato da Luca Cordero di Montezemolo. Secondo Monti bisogna ridurre progressivamente la pressione fiscale, dando la precedenza a quella che grava sul lavoro e le imprese. L’idea di base è quella di trasferire il carico sui grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio. Possibile anche una revisione “soft” della stessa Imu che deve però restare anche sulla prima casa. Sostegno alla ricerca e all’innovazione come leva per la crescita: più investimenti e credito strutturale di imposta. La via maestra resta la riduzione della spesa pubblica per tagliare in primo luogo la pressione fiscale. Avanti poi con le liberalizzazioni e con un maxi piano per ridurre il carico burocratico su cittadini e imprese. Dopo la riforma Fornero, l’Agenda Monti punta su tre obiettivi: drastica semplificazione normativa, superamento del dualismo tra lavoratori protetti e non protetti, spostamento verso i luoghi di lavoro del baricentro della contrattazione collettiva, favorendola detassazione della produttività. Previste azioni specifiche per l’occupazione dei giovani, over 55 e donne. “Finanze pubbliche sane, a tutti i livelli”, questo è lo slogan dell’Agenda Monti. A cominciare dal pareggio di bilancio strutturale da attuare in modo rigoroso dal 2013. E poi riduzione dello stock del debito pubblico che dal 2015 dovrà essere tagliato di un ventesimo ogni anno. Avanti con le operazioni di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico. L’unico che cita esplicitamente la spending review è il premier uscente. Nel ricordare che il suo significato non è solo “meno spesa”, ma anche “migliore spesa”. Monti si impegna a proseguire l’opera di “riduzione e riqualificazione della spesa corrente”, e a renderla “un metodo ordinario per la gestione corretta ed efficiente delle amministrazioni pubbliche, prima tra tutte quelle statali”. Con le risorse recuperate Monti punta a irrobustire i “motori della crescita”: investimenti produttivi per le infrastrutture, la ricerca e l’istruzione.

    Il M5S capeggiato da Beppe Grillo, che ha rifiutato ogni alleanza con partiti e movimenti, ha tra le sue proposte l’abolizione dell’Imu sull’abitazione principale perché la prima casa è “impignorabile”. Al tempo stesso il Movimento 5 Stelle propone incentivi per le società della galassia no profit e disincentivi per le aziende che generano un danno sociale. Oltre all’estensione del conto energia a tutte le fonti rinnovabili e alla micro-cogenerazione. Corposo il capitolo dedicato all’energia. Si va dalla classe energetica C della provincia di Bolzano come tetto massimo dei consumi ai fini delle licenze edilizie alle semplificazioni normative per i contratti di ristrutturazioni energetiche. Sul fronte infrastrutture spiccano i no al ponte sullo stretto, alla Tav e alle nuove centrali. Banda larga in tutto il paese. Nel programma del Movimento 5 Stelle prevalgono le abolizioni. A cominciare dall’intera legge Biagi sul mercato de lavoro. Via anche le stock option e le cariche multiple dei consiglieri di amministrazione nei Cda delle società quotate. Si invece a un sussidio di disoccupazione garantito. Stop allo smantellamento delle industrie alimentari e manifatturiere con un rilevante mercato interno. L’abbattimento del debito pubblico avverrà grazie al risparmio sui costi dello Stato. Corposo è il capitolo di interventi dedicati alla riduzione dei costi della politica: abolizione delle province, dei rimborsi elettorali e delle Authority; l’accorpamento dei Comuni con meno di 5 mila abitanti; niente vitalizio e stipendio allineato alla media nazionale per i parlamentari.

    La lista civica guidata da Ingroia “Rivoluzione civile”, ha l’appoggio dell’Idv, Rifondazione comunista, Pdci, Federazione dei Verdi, e degli arancioni del sindaco di Napoli Luigi de Magistris (ma non quelli del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, schierato con il Pd). Patrimoniale sulle grandi ricchezze e abolizione dell’Imu sulla prima casa. Sono due dei primi punti del programma di Antonio Ingroia. Le risorse per abolire l’Imu saranno trovate dando la caccia ai patrimoni illeciti. “Io ci riuscirò, ha assicurato l’ex pm, a differenza dei tanti che ci hanno provato perché ci sono già riuscito da magistrato”., figuriamoci da politico. La crescita dell’Italia impatta con le nuove sfide legate all’ambiente, alla mobilità sostenibile, alle energie rinnovabili. Elemento decisivo per la ricostruzione dell’Italia sono gli investimenti pubblici della scuola e dell’università, dell’agricoltura e del sostegno alle imprese che innovano e investono. Deve tornare in Italia il falso in bilancio. Lotta alla precarietà. Difesa del contratto collettivo nazionale. Ripristino dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori. Serve una legge sulla rappresentanza e la democrazia nei luoghi di lavoro. Si punta al “reddito minimo per i disoccupati”. Altro obiettivo è che “le retribuzioni italiane aumentino a partire dal recupero del fiscal drag e dalla detassazione delle tredicesime”. No ai tagli generalizzati per 47 miliardi all’anno imposti dal Fiscal compact perché questo comporta la distruzione di quel che resta dello stato sociale. Si invece all’aggressione e al completo recupero dei patrimoni illeciti delle mafie, dei corrotti e degli evasori. No ai tagli alla sanità e all’istruzione pubblica.

    Oscar Giannino si è presentato da solo con il suo movimento Fare per fermare il declino, per il quale occorre far scendere in 5 anni il livello del debito pubblico sotto quota 100% del Pil facendo leva su un massiccio piano di dismissioni del patrimoni immobiliare dello Stato (105 miliardi potenziali) e anche delle società partecipate a livello territoriale. Mentre il pareggio di bilancio non fa parte del ventaglio delle priorità anche se non vengono messi in discussione i vincoli europei. Sul fronte della finanza pubblica il movimento di Oscar Giannino punta in prima battuta a ridurre la pressione fiscale anche con incisivi tagli alla spesa. Mentre tra le proposte per la crescita c’è la riduzione della spesa pubblica di 6 punti di Pil in 5 anni. Un punto arriverà da un piano di privatizzazioni; altri cinque da interventi sulla spesa primaria corrente. Come? Riducendo dal 2015 in poi dell’1% i redditi da lavoro dipendente con un taglio dell’1,5% dei contributi sociali; tagliando i consumi intermedi per 1 miliardo nel 2013 e di un altro 3,7 miliardi nel 2014 e 2015; assestando all’1,9% la crescita annua della spesa pensionistica. Nel complesso le riduzioni di spesa contenute nella proposta sono pari a 12,2 miliardi di euro nel 2013, 24,5 miliardi nel 2014 e 39,6 miliardi nel 2015.

     
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